Nella Pianura Padana, in particolare, l’inquinamento dell’aria derivante da questo settore, insieme alle condizioni orografiche, ha un impatto significativo. Tanto che, secondo uno studio del britannico The Guardian, un terzo delle persone che vi abitano respira aria quattro volte sopra i livelli accettabili per la salute secondo i parametri dell’OMS.
Ma si tratta di un problema che riguarda tutta l'Italia.
Gli inquinanti emessi dagli impianti per il riscaldamento civile e domestico sono quelli tipicamente prodotti dai processi di combustione. In particolare:
Il particolato aerodisperso (PM), che rappresenta un rilevante rischio per la salute dei soggetti esposti a concentrazioni superiori alle soglie individuate a livello internazionale.
Gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), che sono composti classificati come tossici e cancerogeni, fra essi in particolare il benzoapirene (BaP).
Il monossido di carbonio (CO), il principale prodotto della combustione incompleta.
Gli ossidi di azoto (NOx), che possono prodursi a partire dall’azoto presente nel combustibile o, derivare dall’azoto dell’aria.
La natura del combustibile utilizzato influenza molto i meccanismi di combustione.
In generale, i combustibili gassosi (gas naturale e GPL), essendo costituiti da molecole più semplici, raggiungono più facilmente e rapidamente un grado di combustione completo. I combustibili liquidi e ancor più quelli solidi subiscono un processo di combustione più complesso.
Tuttavia, uno stesso combustibile può produrre inquinanti in misura assai diversa in funzione del livello tecnologico dell’apparecchio al quale è alimentato.
Un altro fattore - spesso sottovalutato - che influenza le prestazioni ambientali di un impianto è rappresentato dalle sue condizioni operative di funzionamento, che a loro volta dipendono dalle condizioni di installazione, manutenzione e gestione quotidiana: anche un combustibile di buona qualità può produrre risultati assai peggiori di quanto ci si potrebbe attendere, se l’apparecchio che alimenta viene gestito in maniera non ottimale; e un tiraggio dei fumi non adeguato peggiora notevolmente la situazione, non consentendo una completa evacuazione dei prodotti della combustione.
L’accoppiamento di questi due fattori comporta non soltanto problemi ambientali, ma anche rischi per l’utente, a causa della formazione di concentrazioni pericolose di monossido di carbonio nei locali dove l’apparecchio è installato.
Secondo i dati ISTAT, i combustibili solidi di origine vegetale ricoprono ancora un ruolo rilevante nei consumi energetici del settore residenziale.
Nel 2020, il 17,0% delle famiglie ha fatto uso di legna da ardere e il 7,3% ha utilizzato pellet per l’uso domestico in impianti autonomi o apparecchi singoli, come caminetti e stufe. La quantità di legna consumata ammonta a 16 milioni di tonnellate, con molte differenze regionali, determinate dalla disponibilità di materiale e dall’accesso a risorse alternative.
Il pellet negli ultimi anni ha avuto sempre maggiore utilizzo in ambiente civile e domestico, con la diffusione di stufe e camini. Questo combustibile, a cui nel 2020 fa ricorso il 7,3% delle famiglie, ha registrato una crescita di circa l’80% sia delle famiglie utilizzatrici sia della quantità consumata rispetto al 2013. Nel 2020 ne sono stati consumati 2,7 milioni di tonnellate sia per riscaldamento che per produrre acqua calda o per la cottura dei cibi, ed è diffuso in tutte le regioni del Paese, raggiungendo il massimo utilizzo in Sardegna.
Contrariamente a quanto si possa pensare, legna e pellet sono combustibili tutt’altro che ecologici. Le emissioni inquinanti che causano, infatti, sono estremamente maggiori di altre fonti energetiche come il GPL e il GNL, incidendo negativamente sulla qualità dell’aria. (Per l’analisi viene qui considerato il pellet di classe A1, cioè della qualità più elevata, caratterizzata da un minor contenuto di ceneri, nonché una stufa a 4 stelle, cioè di una classe ambientale - in teoria - particolarmente elevata).
I numeri parlano chiaro:
In conclusione, anche prendendo in considerazione caldaie a biomassa solida di gamma medio/alta, si conferma il forte contributo di legna e pellet alle emissioni inquinanti del settore civile e domestico. Usare il migliore dei pellet è comunque più dannoso – per l’ambiente e per la salute – di GPL e GNL, combustibili che si posizionano come determinanti all’interno del processo di transizione energetica.
A questi dati bisogna aggiungere che gli apparecchi a biomassa per il riscaldamento civile e domestico, e i relativi impianti fumari, sono intrinsecamente più soggetti di altri a fenomeni di sporcamento e deterioramento, che influiscono direttamente sulle prestazioni degli stessi apparecchi e quindi sulle emissioni inquinanti che causano.
Ciò è direttamente legato alla natura del combustibile e del processo di combustione: durante il normale funzionamento dell’impianto si accumula al suo interno un residuo solido, costituito da ceneri contenenti una percentuale più o meno elevata di carbonio incombusto. Per questa ragione gli impianti stessi sono progettati perché le ceneri possano essere periodicamente rimosse manualmente o meccanicamente: vasche di accumulo, cassetti di raccolta e sportelli di accesso sono presenti negli apparecchi e lungo le canne fumarie proprio a questo scopo.
Ciò richiede però periodici interventi per la rimozione della cenere accumulata da parte dell’utilizzatore oppure di personale specializzato (con un ulteriore e non indifferente costo da affrontare).
Nel caso delle stufe a pellet è tipicamente richiesta una pulizia giornaliera che prevede l’asportazione della cenere dai cassetti di raccolta e l’eliminazione dei residui dal braciere e dalla camera di combustione, mentre una più accurata pulizia, che può richiedere l’asportazione di alcune parti dell’apparecchio, è spesso indicata con cadenza periodica (indicativamente mensile). In genere i produttori suggeriscono poi un intervento di pulizia e manutenzione completa per lo meno annuale, cioè al termine di ciascuna stagione termica. Un analogo intervento di pulizia stagionale è tipicamente consigliato per le canne fumarie.
Va sottolineato che, mentre la maggior parte degli impianti unifamiliari a gas naturale e GPL (avendo una potenza superiore a 10 kW) sono soggetti a controlli, molti degli apparecchi a legna e pellet (avendo una potenza inferiore a 10 kW) non sono soggetti a controlli obbligatori. In pratica, ciò che emerge come conseguenza delle normative vigenti è un quadro d’insieme nel quale gli impianti a gas naturale e GPL risultano censiti e sottoposti a manutenzioni e controlli in misura ben maggiore rispetto agli apparecchi a biomassa.
A peggiorare la situazione contribuiscono le modalità di acquisto e installazione degli apparecchi a biomassa, che non richiedendo competenze eccessivamente specialistiche.
Considerando che, in seguito all’invecchiamento e al progressivo sporcamento, il comportamento degli apparecchi diventa sempre più instabile e imprevedibile, bastano minime variazioni nelle condizioni esterne e interne (pressione atmosferica, temperatura ambiente, condizioni di alimentazione del combustibile, lievi variazioni nello stato di pulizia del braciere) per produrre marcati effetti negativi sulle emissioni inquinanti.
Molte ricerche a livello internazionale hanno messo in evidenza la correlazione fra i superamenti delle soglie di attenzione fissate per la qualità dell’aria e l’insorgere di gravi patologie e l’incremento della mortalità.
Nel corso del 2019 Innovhub ha condotto uno studio sull’inquinamento indoor che ha rilevato un incremento del particolato aerodisperso nelle case in cui sono installati apparecchi a biomassa legnosa, come le stufe a pellet. Lo studio evidenzia come, durante le operazioni di gestione e manutenzione quotidiana dell’apparecchio, si generano polveri che permangono all’interno dell’abitazione.
In particolare, durante la pulizia, la rimozione delle ceneri e il caricamento dalla stufa, si genera un incremento dell’esposizione personale al particolato aerodisperso, cioè alle polveri sottili, di circa 28 μg/m3 nel caso di pulizia manuale. Questo incremento è additivo rispetto all’esposizione base alla quale ciascuna persona è abitualmente sottoposta, e potrebbe concorrere ad aumentare la frequenza del superamento delle soglie di rischio per la salute delle persone, che sono fissate a 50 μg/m3 per il PM10 e a 25 μg/m3 per il PM2.5. In quest’ottica, i rischi maggiori si presentano in quelle aree dove già i livelli di PM atmosferico sono elevati, come per esempio nel bacino Padano.
Nel 2020 abbiamo incaricato il Gruppo AWARE (Assessment on WAste and REsources) del Politecnico di Milano di svolgere una valutazione condotta attraverso la metodologia del ciclo di vita (Life Cycle Assessment - LCA), per analizzare e quantificare i potenziali impatti ambientali associati a quattro diverse tipologie di combustibili (GPL, GNL, pellet e gasolio).
Una metodologia che permette di analizzare l’insieme di tutte le trasformazioni che vanno dall’estrazione delle materie prime al loro ritorno all’ambiente sotto forma di rifiuti o di rilasci, secondo un approccio solitamente definito “dalla culla alla tomba”.
Nello studio del Politecnico, è stato effettuato un confronto per il settore domestico tra le seguenti filiere:
Per la valutazione sono state considerate 14 categorie di impatto sull’ambiente (8 categorie), sulla salute umana (3 categorie) e sull’esaurimento di risorse (3 categorie), con l’intento di includere il più ampio spettro di problematiche potenzialmente causate da ciascuna filiera energetica. (Gli indicatori midpoint associati a queste categorie di impatto e i relativi modelli di caratterizzazione utilizzati per il loro calcolo sono quelli proposti nel metodo di caratterizzazione Environmental Footprint Impact Assessment Method, versione 2.0 sviluppato per la Commissione Europea dal Joint Research Centre.)
A causa delle loro proprietà inquinanti, alcune Regioni italiane hanno emanato normative che regolano l’uso di camini e stufe a legna e pellet.
Lombardia, Piemonte, Veneto e Emilia-Romagna hanno introdotto delle restrizioni e vietato alcune categorie di stufe e camini che non rispettano determinati parametri e che rilasciano nell’ambiente quantità di CO2 e di PM10 al di sopra di una certa soglia. Toscana e Campania, invece, hanno previsto delle deroghe o delle agevolazioni per gli impianti più efficienti e meno inquinanti, o per le zone più isolate e disagiate.
Vediamole in dettaglio:
La normativa nazionale, in conclusione, lasciando alle Regioni lo spazio per prendere le scelte più idonee ai rispettivi contesti ambientali ed energetici, sta andando incontro a un progressivo inasprimento dei regolamenti atti ridurre le emissioni inquinanti derivanti dal riscaldamento civile e domestico da legna e pellet, per favorire così una transizione energetica basta su combustibili più sostenibili.
INNOVHUB STAZIONI SPERIMENTALI PER L’INDUSTRIA - Studio comparativo sulle emissioni di apparecchi a gas, GPL, gasolio e pellet ed effetto dell’invecchiamento, 2016
INNOVHUB STAZIONI SPERIMENTALI PER L’INDUSTRIA - Studio bibliografico e sperimentale degli effetti sull’inquinamento indoor prodotti dall’impiego di stufe a pellet di ultima generazione, 2020
ISTAT - Consumi energetici delle famiglie, Anni 2020 e 2021
POLITECNICO DI MILANO - Valutazione degli impatti ambientali del ciclo di vita di diverse tipologie di combustibili, 2021
THE GUARDIAN - Revealed: almost everyone in Europe is breathing toxic air, 20/09/2023
Un importante passo avanti nella realizzazione del progetto…
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